L'evento storico chiamato Dieci Martiri (ebraico: עשרת הרוגי מלכות, Aseret Harugei Malchut) si riferisce, nella storia degli ebrei, al gruppo dei dieci rabbini che vivevano durante l'era della Mishnah, tra cui il molto noto Rabbi Aqiva, e che furono martirizzati dai romani nel periodo della distruzione del Secondo Tempio. Sebbene tutti e dieci non avrebbero potuto essere uccisi allo stesso tempo (dato che due dei rabbini elencati erano vissuti ben prima degli altri otto) sono elencati insieme, in un poema drammatico noto come Eleh Ezkerah, recitato in due importanti festività ebraiche, per suscitare il giusto spirito del giorno celebrato, momento di riflessione e speranza di redenzione a fronte di attacchi alla fede ebraica.
Il termine "martirologia" viene inoltre usato per la storia delle morti (martirio) di numerosi altri rabbini (incluso il già citato Rabbi Akiva) da parte dei romani; la storia è letta sia durante lo Yom Kippur che a Tisha b'Av. Le morti furono atroci e cruente, con alcuni dei martiri avvolti nei rotoli della Torah e poi bruciati vivi, come torce umane. Tali rabbini sono vissuti in un periodo di diverse centinaia di anni, e le loro storie sono presentate come una trama dei romani per indebolire gli ebrei distruggendone la leadership ebraica.
Il martirologio ebraico si concentra inizialmente e simbologicamente[2] sui martiri ebrei di età ellenistica, conoscendo poi picchi in diversi periodi (70, 135, 1096, 1349, 1492, 1648) e il suo culmine nel XX secolo (1933-45) con la Shoah.
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